Il Vallone dei Mulini è tra i luoghi più noti di Sorrento, un vero topos che permette un viaggio nel tempo, ma anche nella fantasia. Per secoli si sono succeduti vari proprietari, tra cui anche la famiglia Tasso e i Correale: fu proprio uno dei membri di questa famiglia, Onofrio, che nel XVII secolo, fece costruire allo sbocco della valle un porto, in quella che è l’attuale Marina Piccola, ma che un tempo veniva chiamata Capo Cervo o Capo di Cerere, per la presenza di un antico tempio romano dedicato a Cerere e distrutto poi da due frane nel 1580 e nel 1604. La storia di questo canyon cambiò radicalmente nel 1866, quando venne deciso di eliminare il ponte che permetteva l’accesso in città e di sostituirlo con una piazza, per cui la gola fu progressivamente riempita. In questo modo, il Vallone dei Mulini si trovò diviso in due: da un lato, l’apertura al mare, occupata poi dalla strada per il porto, dall’altra il piccolo complesso industriale che cessò di funzionare agli inizi del XX secolo, soprattutto perché la totale assenza di vento fece aumentare notevolmente l’umidità, che si aggira costantemente intorno all’80%.
Questa forra si è originata circa 39000 anni fa, in seguito alla violenta eruzione dei Campi Flegrei che ricoprì di tufo la zona che va da Punta Scutolo a Capo di Sorrento: le acque dei ruscelli Casarlano e Sant’Antonino, scorrendo dalle colline retrostanti e incontrandosi in questo punto, nel tempo hanno scavato una profonda e stretta gola in cerca di una foce verso il mare. Sfruttando proprio queste acque, nel corso dei secoli vi sono sempre state svolte varie attività, come uno o più mulini utilizzati per la macinazione del grano da vendere poi ai sorrentini, nonché una segheria, che trattava legno di ciliegio, ulivo e noce, utilizzato poi agli artigiani della città, e, infine, un lavatoio pubblico: si trattava di una vera e propria area proto-industriale, di cui sono ancora visibili i ruderi.
Lo sbarramento artificiale di piazza Tasso, costruito nella seconda metà dell’Ottocento, ha reso impossibile abitare quel luogo per gli umani; tuttavia, ciò ha permesso il proliferare della biodiversità vegetale, come i capperi sui fianchi tufacei della falesia e alcune forme di piante carnivore sul fondo, fino ad alcune considerate rare o quasi del tutto scomparse, come la “Phyllitis vulgaris”, una felce sempreverde comunemente chiamata “lingua di cervo”. Come hanno osservato i botanici, di questa felce ne sono presenti due varietà: la “Phyllitis Scolopendrium” e la “Phyllitis Scolopendrium regalia”, quest’ultima molto elegante e rigogliosa.
Il particolare microclima del Vallone dei Mulini, radicalmente cambiato con l’ostruzione di piazza Tasso, raggiunge l’80% di umidità, che si conserva costante durante tutto l’anno, con poche variazioni al cambiare delle stagioni. Questo ha condizionato la presenza di determinati animali, come quelli detti “omeotermi”, cioè che sono in grado di mantenere costante la propria temperatura corporea, circa 37° C [99° F] per i mammiferi e circa 40° C [104° F] per gli uccelli, ad esempio pipistrelli e rapaci notturni. Non mancano anche altri esemplari, come qualche riccio e alcune salamandre pezzate.